Prof. Filippo Giordano (Mostra "Il colore delle parole" dicembre
2011)
…E il gioco è continuato, conducendo ad approdi insospettati. Lo scandaglio dell’immagine inteso ad entrare nell’anima delle cose ha fatto sì che Franco si accostasse alla poesia, quella fatta di parole. La scopre in un moto dialettico tra visione e bisogno di esplicitazione del sentimento che la visione suscita.
Tempi straordinari i nostri. L’arte è stata sempre contaminazione, rimescolio di forme, di codici, di linguaggi. Una lotta con la materia. E la tecnologia moderna offre opportunità di mescola veramente sorprendenti. Dalla parola all’immagine, dall’immagine alla parola, scritta, dipinta, suonata. Non è un discorso da poco, lo strumento digitale si fa stimolo di nuove forme di espressione e grazie ad esso Franco scopre il verso, la metrica, la rima.
Un miracolo quasi. Miracoli possibili, naturalmente, solo alle nature sensibili e che non possono non tentare di varcare steccati creduti invalicabili. E Franco, persona sensibilissima di fronte allo spettacolo vario della natura e del paesaggio, varca ogni steccato e, dotato com’è di forte carica di calore umano, sente impellente il bisogno di trasmettere ad altri le sue emozioni. Godere è sempre un congaudere.
E c’è di più. Franco ha provveduto ad abbinare un Qr code a ciascuna opera, grazie al quale è dato persino ascoltare le poesie dalla sua voce.
Un bel divertimento. In un contesto di Augmented Reality, le possibilità di gioco sono veramente infinite.
Prof. Filippo Giordano (Mostra "La valle senza tempo" dicembre
2009)
La valle senza tempo è la nostra valle, la valle Metelliana. Con i suoi monti, le sue colline, i suoi angoli caratteristici, i suoi monumenti. Franco, innamorato com’è della sua piccola patria, la sogna e la racconta. Lo scorso anno raccontò il borgo, quest’anno, la valle. Due gli strumenti utilizzati: la macchina fotografica e il computer. Diciamo subito che non si tratta di cartoline. Franco elabora le foto con sensibilità e competenza. Coglie una sfumatura di colore, gli piace, l’amplifica e la esalta. Lo colpisce un particolare – un grappolo rosso di ciliege o la trama di erbetta verde tra i basalti della strada – e quello pone in evidenza. Così, luoghi di un mondo a noi noto vengono ripuliti di taluni aspetti contingenti e vivono in un’atmosfera sospesa, fuori dal tempo.
Sono ancora geometrie dell’anima. E non è un lavoro di restauro o, per così dire, di ecologia virtuale. Si tratta piuttosto di un gioco, non so se più semplice o più complesso. Si tratta della possibilità, grazie alla tecnologia digitale, di creare situazioni del tutto nuove, veri e propri paesaggi dell'anima.
Nell'espressione senza tempo c'è come una tensione che va oltre la mera semplificazione o astrazione dell'immagine. C'è come una ricerca che va in direzione di captare qualcosa di molto più profondo, di tentare scandagli che, ad un certo punto, non sai più se riguardano un mondo fuori o dentro di te.
Il processo è esplicitato, nei suoi vari passaggi in maniera didascalica nella tavola grande in fondo alla sala. Suggestivo l'effetto finale. E il gioco continua...
Frattanto, grazie a Franco per avercene resi partecipi e per l'invito, implicito nei suoi lavori, a guardare più addentro al mondo che ci circonda.
Prof. Franco Bruno Vitolo (Mostra "La geometria nell'anima" settembre 2008)
Una razionale ricerca della forma che emoziona come l’esplosione di un sentimento. Un sogno controllato dalla ragione, che a sua volta si fa sogno. Così ci appaiono queste originali e stimolanti pittofotografie di Franco D’Auria, puntate sull’anima del Borgo Storico della nostra bella città.
D’Auria osserva e sceglie con acuta sensibilità, poi fotografa, infine con paziente abilità e appassionata creatività ritocca e rielabora con i supporti digitali. Con rigore artistico, ripulisce le immagini, evidenziando la purezza delle forme ed eliminando orpelli inutili e rifacimenti maldestri. Con poetica suggestione ricrea colori, sfumature, atmosfere. E produce lavori che hanno la sfumata pastosità di un quadro ed il preciso realismo di una fotografia.
Per armonizzare queste due dimensioni, in modo coinvolgente come fa D’Auria, occorrono tecnica, creatività e sensibilità. E serve anche tanto amore per il luogo rappresentato. Perciò è giusto che l’autore si rivolga al suo, al nostro Borgo Storico. Perché quelle arcate, quelle edicole, quei palazzi, quei portoni, quel porticato sanno di storia, di vita, di Piazza. Sanno di incontri ed emozioni giocati tra la leggerezza di una semplice passeggiata, il vitale brusio del presente e gli speranzosi progetti del futuro. Sono il tempio di una collettività e della sua comunicazione.
Insomma, le forme hanno un cuore e anche il cuore ha una forma. Perciò queste geometrie dell’anima sono uno stimolo a vedere quello che ci circonda e ci plasma. Farlo con i portici, i palazzi, i portoni, le facciate sarebbe già una conquista. Ma chissà che non diventi lo spunto per farlo pure a casa nostra, con le nostre cose e le persone che ci stanno vicine...
Anche questa sarebbe una bella scoperta ….